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Presidenziali USA, referendum sul futuro del “mondo libero”?

L’elezione del capo del “mondo libero”. Questa era, per l’occidente, la scelta tra un Democratico e un Repubblicano quale Presidente USA.

Ma il “mondo libero”, idealizzato da Winston Churchill nel 1946 a Fulton, per convincere gli Stati Uniti a non condividere i segreti sulla bomba atomica con (e, dunque, attraverso) la nascente Onu, di fatto, esiste ancora?

Non vi è dubbio che tutto ciò che vediamo dall’altra parte della “cortina di ferro” si sia evoluto e rivoluzionato. Il blocco dei Paesi del Patto di Varsavia, non è certo più quello del 1955. Ma non è solo lo scioglimento del trattato stesso, nel 1991, e la conseguente dissoluzione dell’Unione Sovietica ad aver cambiato l’Oriente del mondo.

A mutare, soprattutto, sono stati i rapporti di forza tra Cina e l’attuale Russia, ma non solo. Sono cambiate le forze economiche di Paesi in esponenziale via di sviluppo. Sono state stravolte le dinamiche commerciali tra queste ultime e l’Europa, unita di fatto, ma non certo politicamente solida come un tempo.

A non cambiare e a non evolversi, paradossalmente, è stata proprio la Nato, adesioni dei nuovi membri a parte. E, in un certo qual senso, l’Onu, il cui scopo primario di organismo di cooperazione internazionale regolatore e pacificatore del mondo risulta sempre meno riconsiuto (dagli Stati) e meno riconoscibile (dai popoli).

Ma, allora, il “mondo libero” è ancora rappresentato e rappresentabile esclusivamente dal blocco occidentale? E, soprattutto, è ancora l’inquilino della Casa bianca a guidarlo?

La risposta sarà data, probabilmente, proprio da chi siederà dietro la scrivania dello studio ovale. E la discrimnante non sarà, come in passato, la scelta tra Repubblicani e Democratici o tra visioni diverse per una sostanzialmente identica politica amministrativa.

La discriminante non sarà tra un Conservatore come Bush o un Democratico come Obama. Oggi non c’è più la guerra fredda. C’è proprio una diversa visione della politica a livello planetario. C’è una Russia che la guerra la comincia prima di minacciarla. C’è un Israele che non subisce un genocidio, ma è accusato di esserne l’artefice.

Le presidenziali americane non sono più il confronto di semplici ricette (apparentemente divergenti) per cambiare l’America, come quelle che i candidati si affannano a rappresentare. Queste elezioni rappresentnano l’occasioe, l’opportunità e, forse, la necessità di riposizionare geopoliticamente l’occidente.

Non si tratta di ristabilire i confini fisici tra gli Stati, si tratta di scegliere se concepire ancora, nel 2024, una cortina di ferro, ma questa volta di natura culturale.

In un mondo in cui le guerre sono di nuovo una realtà, di nuovo alle porte dell’Europa, come nella striscia di Gaza.

In quale direzione andrà il mondo (anche quello “non libero”) lo decideranno gli elettori. Non solo quelli americani. Perchè Dobnald Trump e Kamala Harris sono meri i rappresentanti di due modi di vedere la società che si divide, più o meno allo stesso modo, in tutto l’occidente.


Sia ben chiaro, non può esistere un mondo senza l’Onu, ma può esistere una Organizzazione delle nazioni unite più incisiva. In quale direzione, lo deciderà la democrazia. Con un referendum sul futuro geopolitico del pianeta. Perchè, d’altronde, c’è un Donald e una Kamala in ogni Stato e, forse, in ognuno di noi.

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