Motori

Ferrari, è allarme rossa. L’analisi del fallimento

Vettel fuori dal Q3, non accadeva da sei anni. Leclerc, qualificatosi per un pelo all’ultimo turno, conquista con un gran giro il settimo posto in griglia di partenza, a un secondo dal poleman Bottas.

Questo il bilancio, misero, delle qualifiche del Gran Premio di Austria, prima tappa del mondiale di Formula1 post Covid-19.

I motivi del fallimento

E’ solo il primo atto dell’anomalo campionato iridato 2020, per giunta in una pista non favorevole alle caratteristiche delle Ferrari, ma non è difficile tracciare un primo bilancio delle prestazioni, peraltro ampiamente anticipato dai test pre-coronavirus di Barcelona e dalle prove libere delllo scorso venerdì.

Motore Ferrari, allarme rosso

Indiziato numero uno della mancanza di competitività delle vetture del Cavvallino è il gruppo moto-propulsore.
Le rosse perdono il 60% circa della prestazione cronometrica nel primo settore del Red Bull Ring, quello dove a  contare sono motore e velocità di punta.

Doppio confronto, doppio sconforto

Proprio il punto di forza dello scorso anno (al netto dei sospetti sulla regolarità del sistema Ferrari) risulta essere il tallone d’Achille dell’attuale vettura.

La macchina 2020 è più lenta (quasi di nove decimi) rispetto a quella del 2019. I competitor diretti hanno migliorato le prestazioni rispetto al modello precedente, le rosse no.

Tutte le vetture motorizzate Ferrari (Alfa Romeo e Haas) non sono riuscite a migliorare le prestazioni rispetto al nuovo anno, a dispetto dei motori Renault, Honda e Mercedes che hanno mostrato evidenti passi in avanti.

Progetto vecchio

Altro dato, percepibile a vista d’occhio, è la vetustà di un progetto che continua a rappresentare un’eccezione rispetto alla tendenza comune.
Le monoposto più prestazionali hanno abbracciato la filosofia del muso stretto e di forme “arrotondate”. Anche le vetture che la scorsa stagione erano considerate di media fascia, hanno abbandonato (o stanno abbandonando in corso d’opera) le linee del frontale squadrate e, ormai, praticamente solo Ferrari e sue squadre satellite (Haas e Alfa Romeo) conservano il musetto quadrato con il beccuccio centrale.

Poca innovazione, tanta tradizione

Una singola scelta non basta, da sola, a giustificare una debacle così clamorosa. E non è certo sufficiente montare un musetto moderno per mettersi alle spalle gli avversari (sebbene la filosofia della copia spudorata, sembri premiare la Racing point, gemella in rosa della Mercedes iridata nel 2019).

E’ però il segnale di una mancanza di coraggio progettuale. La casa dalle tre punte, nonostante la collezione di titoli mondiali consecutivi, ha continuato a rivoluzionarsi, a innovare, a sperimentare.
Mercedes ha portato in pista il DAS, sistema innovativo (talmente tanto da essere vietato per la prossima stagione) che dà  una nuova dimensione al volante, che può essere spinto avanti e indietro e non solo girato, come accade dall’invenzione delle auto ad oggi.

La Ferrari insiste sulla strada della tradizione. Non cambia e non stravolge un progetto che sembra, da tempo, arrivato al capolinea.

Le speranze

Rumors dai box parlano della scelta dei tecnici del cavallino di puntare su una vettura con meno velocità di punta, ma con maggiore capacità di prestazione in percorrenza delle curve. Questo, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, potrebbe portare ad un minore consumo di gomme in gara.

Ma non giriamoci intorno. Siamo al punto più basso dell’era turbo-ibrida per la Scuderia del Drake.

La rivoluzione

Lo sanno anche a Maranello e annunciano importanti innovazioni ( o rivoluzioni?) dal terzo Gran Premio (quello in Austria sarà ripetuto due volte, sebbene con due nomi diversi).

Il rischio però è di trovarsi dopo sole due setttimane dalla partenza del mondiale a meno 50 dal leader. La fine dell’inizio o l’inizio della fine?



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