Il diritto all’oblio è la pretesa di una qualsiasi persona (anche giuridica) a non rimanere “esposta” mediaticamente alla pubblicazione di un qualcosa che riguarda sé su una piattaforma “web” e non solo.
Tutti possono, dunque, chiedere e pretendere la cancellazione di tale notizia chiedendo l’intervento del garante della privacy; attivando il Tribunale Ordinario; o, in via extra giudiziale, chiedendo la cancellazione (o quantomeno la de-indicizzazione) al motore di ricerca (per esempio Google, bing o yahoo!).
La sua “codificazione”
Il diritto all’oblio è codificato nell’ articolo 17 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali n. 2016/679 il quale – volendo in questa sede sintetizzare – dispone i suoi presupposti e pone come suoi i limiti i contro valori del diritto della collettività a conoscere informazioni di interesse pubblico (diritto di cronaca); della difesa, dell’accertamento, o dell’esercizio di un diritto in sede giudiziaria ovvero per l’utilizzo del trattamento dei dati per l’esecuzione di attività differente – sempre però – di interesse pubblico.
Nel diritto Italiano
Nel diritto italiano, premessa una copiosa produzione giurisprudenziale, il diritto all’oblio si sarebbe comunque potuto ricavare dai principi costituzionali.
La costituzione, in effetti, negli art. 13 – 14 – 15, tutela quelli che sono definiti i diritti inviolabili dell’uomo; in particolare il diritto alla riservatezza, ossia la protezione dei propri dati personali.
Con l’avvento delle nuove tecnologie dunque sorgono nuove esigenze, che se da una parte rispondono a vecchie esigenze (es: il diritto all’oblio potrebbe essere una riscrittura di quello che in effetti era il diritto dell’immagine, tutt’oggi tutelato dall’ art. 10 cod. civ.) devono essere affrontate attraverso nuove tutele; proporzionate e bilanciate con gli altri valori dell’ordinamento.