A Trieste fino al 22 settembre 2019: Theself-portrait and its double
Tata per tutta la vita; forse domestica.
Dapprima a New York, poi a Chicago.
Diffidente, misantropa, sessuofobica. ‘Cattiva’ dicono di lei i bambini, oggi adulti, intervistati che le furono affidati. Oggi, Vivian Maier non sarebbe assunta o ingaggiata neppure per un giorno.
Eppure, dalle stesse interviste, fatte molti anni dopo la sua morte, emerge una personalità straordinariamente forte, ma anche carisma e seduzione, alimentati da un elevato grado di follia. Non vi è nelle parole, a volte divertite, degli ex bambini, risentimento, paura, ostilità, ma piuttosto, nei loro ricordi, ancora sorpresa, divertimento, affetto, strano, inusuale ma affetto.
La storia
Ebbene, questa domestica, ogni qualvolta portava i bimbi in giro, così come in ogni suo momento libero, passeggiava per le strade della città, magari le più povere ( trasgredendo ai divieti dei datori di lavoro), e fotografava.
Fotografava di tutto: l’espressionedei volti di sconosciuti; gli atti e le azioni di persone con cui identificarsi; bambiniche ridono, piangono o manifestano stupore; il loro mondo; attimi di vita ma anche dimorte.
La fotografia
Molto spesso firmava le sue foto con la propria immagine riflessa in uno specchio, in una vetrina, in un oggetto lucido oppure inquadrando addirittura la propria ombra o solo parte riconoscibile di essa.
Migliaia e migliaia di foto, con una reflex a tracollo, così da turbare meno i soggetti. Migliaia di foto mai sviluppate. Lasciate nei loro rullini in attesa di un ineluttabile oblio.
Divenuta anziana e licenziata per l’esasperarsi del suo carattere, per una forse obbiettiva incompatibilità con il lavoro svolto, moriva povera e pazza.
La scoperta
Per mero caso, un ragazzo, John Maloof, in giro per quei mercatini delle pulci americani ove si cercano idee e appunto storie, più che oggetti, acquista delle valige chiuse, al buio come si dice in gergo, e dentro scopre decine e decine di rullini vergini. Li sviluppa, è ovvio, ed intuisce subito, pur non essendo certo ancora un critico d’arte, il valore; il significato artistico.
Ossessivo, come la fotografa scoperta per caso, comincia una serie di ricerche per saperne di più, risalendo dal contenuto delle valige all’indirizzo degli ultimi datori di lavoro, doveper caso e per fortuna salva dall’oblio della discarica a cui erano giàdestinate oltre 120.000 diapositive non sviluppate.
Nasce il mito di una delle più grandi fotografe del ‘900
Dapprima inconsapevolmente, poi con tutte le sue forze, crea il mito così di una delle più grandi fotografe, anzi dei più grandi fotografi, del’900 e dedica tutte le sue forze alla valorizzazione e al riconoscimento artistico di Vivan Maier. Riuscendoci.
Chiunque può riconoscere subito le qualità dell’artista. La sensibilità, il senso dell’attimo, del dramma, del colore, il fascino, la capacità seduttiva. Tutte le qualità che deve possedere un artista.
Oggi tutte le maggiori casedi esposizione del mondo conoscono Vivian Maier.
La mostra
A Trieste l’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale presenta al ‘Magazzino delle Idee’ ( Corso Cavour 2), un antico, suggestivo, capannone del Porto divenuto sala di esposizione, ‘The self portrait and its double’. Settanta autoritratti, in bianco e nero e a colori, che raccontano il mistero dell’artista, ‘la ricerca della sua identità’; ma anche video e soprattutto un filmato che ne racconta la vita e le modalità della sua scoperta.
Nel video ci sorprende anchela tenacia del giovane John Maloof, la forza della sua passione e l’intuito davverostraordinario. Un video di 80 minuti cheperò tiene legato alla poltrona e che, coerente con l’opera in mostra, raccontadella grandezza e della tragicità della condizione umana .
Il video e il racconto
Un video che è un racconto. La storia di una disperazione e della sua magnifica sublimazione.
Sono opere esposte per la prima volta in Italia.
La sala è spesso piena e i volti sorpresi e soddisfatti